Filiera bufalina, presentato progetto per la tracciabilità
In sala Giunta è stato presentato un nuovo sistema per la tracciabilità della filiera bufalina. Un settore che, in Campania, comprende quasi 280mila capi, pari al 74% del patrimonio bufalino nazionale. Quasi 1.500 le aziende.
Il sistema di tracciabilità fu varato dalla giunta regionale con una delibera approvata lo scorso mese di marzo e presentata dall'assessore all'Agricoltura, Daniela Nugnes. L'obiettivo è quello di chiedere a tutti gli operatori della filiera di aderire al sistema per garantire la sicurezza dei consumatori e la qualità della mozzarella prodotta nell'areale Dop.
“La mozzarella di bufala è campana, dovevamo tutelare la nostra eccellenza apprezzata in tutto il mondo, garantire il sistema produttivo e la sicurezza alimentare” ha dichiarato il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro.
“Il sistema di tracciabilità che stiamo già allargando anche alle altre regioni della Dop, ossia il Lazio, la Puglia e il Molise è necessario per evitare che il furbetto di turno possano turbare il settore”, afferma Daniela Nugnes, assessore all'Agricoltura della Regione Campania. “L'unica pecca – aggiunge l'assessore – è la non obbligatorietà, è un sistema volontario, ma noi lanciamo un segnale: vi diamo un sistema e chi non aderisce dovrà giustificare la sua scelta. Queste norme portano finalmente trasparenza nel settore bufalino e risolvono problemi che erano noti già 30 anni fa a chi operava nella filiera”. Ma come funziona il sistema? L’allevatore, una volta inserito il suo codice aziendale sul sito www.tracciabilitabufala.it inserirà il dato produttivo del latte di bufala e i nominativi dei caseifici che lo acquistano, se tutti gli allevatori aderiscono al sistema, sapremo esattamente non solo quanto latte di bufala si produce, ma anche chi lo acquista e lo lavora.
Nel corso della conferenza stampa, inoltre, è stato presentato un altro progetto che mira a creare un Dna barcoding del bufalo. Un codice a barre genetico, per ogni singola razza di bufalo, attraverso campioni di pelo, sangue e cagliata che consentirà di identificare le razze e depositare le relative informazioni genetiche per individuare eventuali presenze di latte non prodotto nell'area individuata per fare in modo che la mozzarella di bufala prodotta nell'areale a marchio Dop sia effettivamente a denominazione di origine protetta.